Fashion week: Stella Jean celebra i migranti
Nata a Roma da mamma haitiana e papà torinese, Stella Jean si è affermata sulla scena internazionale come icona di classe e bellezza. Vincitrice del progetto di scouting Who's next?, ha creato uno stile così personale e unico, che non poteva passare inosservato.
In occasione della fashion week che si è appena aperta a Milano, Stella ci conquista ancora. Non solo per i suoi magnifici capi, che tanto rispecchiano il suo background multiculturale, ma anche per la sua intelligenza.
La sfilata parte con una riflessione sulle migrazioni:
“L’identità di ogni migrante appartiene alla storia della sua famiglia. Tuttavia sembra che molti di noi abbiano una memoria corta”.
Subito dopo, uno schermo proietta immagini di grandi personaggi fuggiti in Paesi lontani: Dante Alighieri, Sigmund Freud, Bertold Brecht, Victor Hugo, Pablo Neruda e Aung San Suu Kyi.
Ma non finisce qui.
La stilista afferma che “ogni volta che prendiamo le distanze dalla storia, perdiamo noi stessi. Dobbiamo viaggiare per cambiare il nostro destino”.
Le sue modelle attraversano i Paesi del mondo, celebrando l’identità migrante, italiana e non solo.
I capi che le vestono sono frutto non solo delle sue radici, ma anche dei viaggi che la spingono a esplorare e sperimentare costantemente.
La sua collezione si apre con un cartello, sullo sfondo, che recita: “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”. Un piccolo rimando ai tempi razzisti, in cui erano gli italiani a essere discriminati, nell’America degli anni ’30.
Non è un caso che la passerella abbia luogo al Museo delle Culture.
La sua sartorialità parte provocatoriamente dai porti italiani, per sbarcare in Sud America con i gonnelloni matroneschi delle dame di Bahia. Gonne ad anfora, volant in rafia, balze carioca; ma anche bomber college che strizzano l’occhio all’America, e echi della tradizione sartoriale di Savile Row.
Tonalità accese e brillanti, silhouette a volte fluide a volte più strutturate e incentrate intorno all’accoppiata camicia maschile e gonna a corolla. Gli accessori sono realizzati con materiali di recupero, da artigiani locali.
Le etnie si fondono giocosamente, trasformando il mare da teatro di tragedie umane a fonte di armonie.
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